venerdì 24 novembre 2017

Villa Savoye - La casa/ manifesto di Le Corbusier





A pochi dal centro da Parigi in aperta campagna e su una collinetta da cui domina sull’intera valle percorsa dalla Senna, la Villa Savoye è uno dei monumenti dell’architettura moderna più controversi. 

Costruita fra il 1928 e il 1931 vista dall’alto e in pianta, la villa rispecchia la costruzione formale dei quadri puristi di Le Corbusier , tratti riscontrabili anche in questa casa  che gli commissionarono; l'artista era morbosamente attaccato a questo progetto e a questa costruzione poiché la considerava il distillato della sua poetica architettonica.




Le Corbusier vuole mettere al sicuro il suo bene attribuendogli una nuova funzione museale ma vuole anche un'abitazione con la sua tipica versatilità e che poteva anche allargarsi ad ospitare una sua Fondazione, dei congressi, una esposizione permanente della sua opera di architetto oppure un itinerario che documentasse le tappe storiche dell’architettura moderna. Tutto si rivelò complicato, a cominciare dai retropensieri dello stesso Le Corbusier che dissimularono le sue vere intenzioni. 

Dopotutto, questa struttura, anche se abitata per un certo numero di anni, non è mai stata una casa. senza dubbio fu un manifesto o un trattato d’architettura 'realizzato'. Il visionario del futuro che doveva realizzarsi; 


In quest’opera possiamo ritrovare i punti più importanti della poetica di Le Corbusier; infatti troviamo applicati i suoi cinque punti, la coesistenza delle forme pure e l’architettura dei percorsi, e su questo sono d’accordo i maggiori critici d’arte come Zevi, De Fusco e Tafuri.

I suoi cinque punti sono:


I pilotis sono dei pilastri in cemento armato disposti in una maglia ortogonale e rappresentano la struttura portante dell’edificio sostituendo i voluminosi e vincolanti setti murari. I pilotis, poggiati su dei plinti, oltre ad essere la base per gli altri punti servono per elevare la costruzione separandola dal terreno e quindi dall’umidità.



Il tetto giardino serve per restituire all’uomo il verde che non sarà più solo sotto l’edificio, ma anche e soprattutto sopra. Non è detto che sia un vero e proprio giardino con piante e fiori, ma comunque una zona aperta e fruibile. Se viene usata la sabbia con le piante, queste sono utili per mantenere un’umidità costante dei solai.



La pianta libera (il plan libre) è resa possibile dalla creazione di uno scheletro portante in cemento armato che elimina la funzione delle mura portanti che “schiavizzano” la pianta dell’edificio, permettendo all’architetto di progettare l’abitazione in tutta libertà, disponendo le pareti a piacimento e organizzando i piani in maniera indipendente per meglio sfruttare l’orientamento di cui necessitano. 


La facciata libera è anch’essa derivante dallo scheletro portante in cemento armato che è rientrato rispetto al piano di facciata così che la parte più esterna non è più portante e può essere trattata e modificata facilmente in base alle necessità dettate dall’abitare. 


Le finestre a nastro (le fenetre en longueur). Dato che la facciata è libera questa può essere tagliata in tutta la sua lunghezza da finestre, permettendo una straordinaria illuminazione degli interni ed un contatto più diretto con l’esterno.



Il progetto iniziale della casa era su tre livelli più un solarium, con la disposizione degli ambienti che è tutta dettata dai percorsi.

Al pianterreno troviamo i garage, un alloggio di servizio e una sorta di atrio d’ingresso da un lato vetrato curvo secondo il raggio minimo di curvatura di un’automobile, dall’atrio d’ingresso si dipartono una scala e una rampa (disposta lungo l’asse dell’edificio), che arrivano sino al terzo ed ultimo piano. La maglia dei pilastri è quadrata con un interasse di cinque metri.
La pianta del primo piano è organizzata in due zone disposte ad L attorno alla rampa. La prima zona è costituita dal soggiorno pranzo orientato sul lato ovest del quadrato, rivolto verso sud troviamo il tetto giardino, questo è separato da una grande parete di vetro scorrevole dal soggiorno, che si configura come una parte del giardino protetta dalle intemperie. Sul lato sud-est è collocata la camera del figlio, con un accesso sul giardino. Su tutta la lunghezza. rivolta a nord, a partire da ovest, troviamo: l’office, cucina, terrazza di servizio e camera degli ospiti.
Al secondo piano troviamo l’appartamento del padrone di casa, costituito da una suite che si sviluppa parallelamente alla rampa.
Nel novembre 1928 viene calcolato il costo di realizzazione della casa, che il cliente giudica troppo elevato. Dal novembre all’aprile dell’anno successivo vengono studiati altri cinque progetti con l’obbiettivo di ridurre i costi, rispettando però le scelte fatte nel primo progetto; conclusione: soppressione di un piano, il secondo, riduzione del 10% della superficie, interasse dei pilastri si riduce a quattro metri e settantacinque.







Il piano terra rimane pressoché uguale, con i garage e gli ambienti di servizio; le modifiche sostanziali sono al primo e unico piano dei padroni. La lunghezza del soggiorno viene ridotta in modo tale di allineare la cucina e l’office sullo stesso fronte del soggiorno. La riduzione della terrazza di servizio e il suo spostamento legato a quello della cucina, permettono di trasferire il bagno della camera degli ospiti e la camera del figlio nello spazio prima occupato dalla cucina e dalla terrazza di servizio. In questo modo si può utilizzare lo spazio che prima era del figlio e parte della hall, in cui arriva la rampa, per spostare dal secondo al primo piano la camera, la toilette e il bagno dei genitori. La scala di servizio inizialmente addossata alla parete interna della cucina, viene sostituita da una a chiocciola collocata al centro della hall; questo consente la realizzazione di un corridoio per disimpegnare la camera del figlio e quella per gli ospiti in modo indipendente da quella per i proprietari. 







Le Corbusier progetta questa casa pensandola come poggiata sull’erba staccandola dal suolo e quindi dalla natura, infatti scrive: la casa si poserà nel mezzo dell’erba come un oggetto…, …elevando le masse sensibili della casa al di sopra del suolo, nell’aria. La vista della casa è una vista imperativa, senza collegamenti col suolo…, …il centro di gravità della composizione architettonica si è elevato: non è più lo stesso delle vecchie costruzioni in pietra, le quali mantenevano un legame ottico col suolo...l’edificio si presenta come un oggetto in vetrina sopra un piedistallo"
Infatti il corpo dei servizi a pianterreno è arretrato su tre lati rispetto al filo del volume superiore; la sua consistenza volumetrica è quasi annullata dalla vetrata e dal colore verde scuro delle superfici chiuse.



giovedì 16 novembre 2017

Casa Boucquillon - La casa Farfalla sulle colline di Lucca

Casa Boucquillon o casa Farfalla è un vero e proprio gioiello di architettura contemporanea e tecnologica. La villa è "aggrappata" a una collina di marmo bianco, nei dintorni di Lucca e su una proprietà che comprende 10 ettari di uliveti e boschi. 
Nasce a partire da un rudere agricolo, a viverci sono gli stessi progettisti: Michel Boucquillon e Donia Maaoui, entrambi architetti, designer ed artisti.
I due creativi hanno progettato e realizzato tutto su misura per questo luogo, incastonato su una collina di marmo bianco: architettura, mobili, lampade, sculture. 


La villa di tre piani è composta da due edifici, la villa vera e propria e la depandance, strutture contemporanee e molto luminose, in cui tutto è realizzato in trasparenza e in totale armonia con la natura circostante e la luce, elementi  onnipresenti in ogni angolo del luogo. Una particolarità della villa è data dal tetto, che può essere aperto: le due ali che lo compongono, infatti, si aprono di 30°, come le ali di una farfalla, da qui il nome della villa. 

Il sistema utilizza sei pistoni idraulici per aprire i due lati, per un totale di 110 metri quadri. Questa caratteristica rende la villa unica al mondo, ma soprattutto garantisce una ventilazione naturale molto utile in estate per raffrescare gli ambienti. Le persiane in ferro della villa ombreggiano nella stagione calda mentre catturano la luce in profondità durante l'inverno. Gli interni sono organizzati attorno a una scala imponente, disegnata come se fosse un lungo vestito. 


Nel giardino è stata progettata una piscina panoramica di 27 metri di lunghezza e 1,20 metri di profondità, estesa su una superficie di circa 70 metri quadri: dall'acqua si può godere della splendida vista sulla città di Lucca e sulle sue colline.


L'abitazione - studio è concepita secondo il criterio dell'autosufficienza energetica: essa infatti impiega un complicato sistema di raccolta dell'acqua piovane ed è dotata di pompa di calore e pannelli solari. Un sistema ideato dagli stessi architetti e brevettato.

L'architettura è molto luminosa, tutta in trasparenza e si pone in continuità ed armonia con la natura circostante. 
L'interno è organizzato attorno ad una scala spettacolare, scultorea, che collega due livelli. La scala si affaccia su uno spazio a doppia altezza che ne sottolinea la centralità.




venerdì 10 novembre 2017

La Casa in vendita di Frank Lloyd Wright - un piccolo Guggenheim sul Palm Canyon



Quella di cui vi parliamo oggi nel nostro blog è un' abitazione piuttosto particolare,  particolare perché creata da uno dei più grandi architetti del '900, particolare perché  situata in una zona impervia, un deserto a Phoenix in Arizona ed infine particolare perché in vendita!
Si tratta di uno degli ultimi progetti del famoso architetto Frank Lloyd Wright famoso per la sua celeberrima casa sulla cascata e per il museo Guggenheim di New York. Questa abitazione infatti, nelle forme e nella modulazione degli spazi, ricorda molto il famoso museo Newyorchese.

Fu costruita nel 1967, otto anni dopo la morte del suo ideatore, seguendo dettagliatamente i sui disegni e i suoi progetti; difatti la casa mantiene la struttura originale circolare che caratterizza le grandi opere di Wright e soprattutto ne ricorda la perfetta armonia di intersezioni di spazi circolari e puliti con zone dalle geometrie nette. cerchi, triangoli, linee rette fanno da decorazione e modulo in perfetta armonia con la linea sinuosa di ogni spazio della casa.







La struttura è progettata per godere da ogni sua parte della meravigliosa vista sulla valle e sono stati progettati da Wright anche gli interni, come camere, bagni e anche i singoli arredi, tutti dalle linee sinuose e sfruttando l'intersezione di materiali naturali e moderni e tutti in perfetto accordo cromatico col paesaggio esterno, un richiamo firma della grande archistar.



La casa è in cima a Palm Canyon e fa parte delle opere della Fondazione Wright, a tutt'oggi è una abitazione che è possibile visitare ma anche in vendita per eventuali, danarosi, compratori.

giovedì 2 novembre 2017

Villa Mairea di Alvar Aalto - La versione nordica dell'architettura organica



Villa Mairea viene realizzata da Alvar Aalto per una coppia di suoi amici: Harry Gullichsen, un industriale del legno, e sua moglie Maire, collezionista di opere d’arte. Progettata senza limiti di costo, è il risultato di continue modifiche tese a migliorare la villa per renderla perfetta in base a quelle che erano le esigenze dei committenti.
La villa rappresenta la versione nordica dell’architettura organica
Partendo dall’idea di accostare piani geometrici diversi, Aalto sviluppa un'abitazione pensando solamente al modo in cui deve essere vissuta e reinterpreta così l’idea stessa della casa.
L’impianto della villa è molto semplice, costituito dall’intreccio di due corpi a L che definiscono una corte interna, definendo una forte relazione con la natura circostante. Le due ali sono perpendicolari ospitano rispettivamente la zona giorno e la zona notte. 

La pianta ad L si allunga nella parte posteriore in un porticato aperto che porta alla sauna, nel mezzo il prato con la piscina. 

Si nota una distinzione funzionale nei due livelli: il pianterreno è riservato alla vita sociale mentre il primo è strettamente privato. La quasi totale diversità dei due piani in termini di planimetria, orientamento e carattere, rendono chiara la strategia dell'architetto. Le forme rispecchiano la duplice natura di Aalto: sono il risultato di un abile intreccio tra la sensualità della linea curva e dei materiali naturali e il rigore dell’angolo retto e dei volumi bianchi. 


Interessante è inoltre lo studio dell’orientamento. Aalto dispone infatti a sud il prospetto principale, con la pensilina d’ ingresso, le camere, la biblioteca, lo studio e parte del salotto; a est la cucina, le camere per domestici e ospiti; a nord tutta l’area è chiusa dalla grande foresta e racchiude la piscina; a ovest si colloca invece uno spazio più aperto.


Al piano terra, luogo di vita sociale, lo spazio è studiato in modo da renderlo così fluido da avere la percezione di essere contemporaneamente all’interno e all’esterno dell’edificio. Qui gli ambienti sono disposti su due livelli differenti: dall’ingresso si salgono quattro gradini per poi ritrovarsi in un ampio ambiente di soggiorno, fulcro della casa in quanto permette l’accesso al piano superiore, all’esterno e ai vari ambienti collettivi. Qui gli arredi fissi e i pavimenti contribuiscono alla percezione di essere in ambienti separati, intimi. Proseguendo verso l’altra ala della casa si incontra un ambiente rettangolare, molto semplice, che ospita la sala da pranzo. Si arriva ad un secondo ambiente di sosta, che ci permette di accedere ai locali di servizio e al seminterrato. Al piano superiore invece, gli spazi risultano parcellizzati: c’è un unico percorso indirizzato da vari corridoi. Anche qui è molto importante il rapporto con l’esterno, esaltato da grandi terrazze. Dal salotto si può accedere allo studio oppure alle due stanze matrimoniali. Proseguendo lungo uno stretto corridoio la prospettiva si apre in una stanza molto luminosa, la stanza dei giochi dei bambini, collegata alle stanze singole. Da qui è possibile accedere, attraverso un ulteriore lungo e stretto corridoio, ad altre stanze da letto dedicate agli ospiti.




Le variazioni nell'utilizzo dei materiali sono un chiaro richiamo alla foresta circostante e coinvolgono il perimetro della casa, di volta in volta murario, vetrato o solo schermato, a tutt’altezza, trattato con pietra, legno, mattoni verniciati di bianco, maioliche azzurre. Dal vialetto al porticato d’ingresso c’è una successione di elementi che fungono da mediazione e anticipazione, così che il passaggio avvenga per gradi e si crei allo stesso tempo continuità tra interno ed esterno. Anche la tessitura dei soffitti e dei pavimenti è trattata con colori e materiali diversi, variamente illuminata, così come succede nell’ambiente naturale. La stessa figura geometrica subisce una progressiva dissoluzione, man mano che lambisce la foresta, assumendo nelle sporgenze del piano primo (lo studio di Maire) o, all’ingresso, modulazioni curvilinee analoghe alle ondulazioni del bosco.

La struttura portante, in pilastrini di acciaio o di legno, è disposta secondo una maglia il cui modulo subisce continue anomalie, raddoppiando o triplicando i sostegni, disponendoli come un diaframma continuo all’ingresso e nella scala interna, legandoli insieme con corde o intrecciandole con piante rampicanti.
Grande è la varietà di illuminazione progettata per l’edificio: c’è un forte equilibrio tra luce naturale ed artificiale. Il design usato per l’illuminazione esterna è ripreso dal mondo vegetale.

mercoledì 25 ottobre 2017

La Glass House di Philip Johnson - una "scatola" di vetro immersa nella natura



La Glass House è opera del famosissimo  architetto americano Philip Cortelyou Johnsonuno tra i più influenti designer e progettisti del ventesimo secolo. 
Il progetto è stato realizzato nel lontano 1949 e pensato come esperimento estetico; una dimora che nasceva nel bel mezzo della natura del New Canaan e caratterizzata dalla sola purezza del vetro


Un’opera innovativa per l'epoca e sicuramente  sublime nella sua semplicità, minimal ma anche calda ed accogliente come si richiede ad una vera e propria abitazione


Quando pensiamo alle case del futuro sicuramente ci vengono in mente la robotica, il candore, la ricercatezza della perfetta armonia tra spazio e ambiente dove vivere, insomma dimore dal design pulito e caldo, raffinato e minimal. Alla mente balzano immagini quindi legate alle grandi città, pensiamo al futuro e a come le case saranno. Difficile pensare a una casa immersa nel bel mezzo della natura, difficile collocare tra queste la Glass House di Philip Johnson, un capolavoro post-moderno di semplicità e ricercatezza al tempo stesso.


Glass House, letteralmente casa di vetro: mai nome fu più identificativo. L’architetto americano post-modernista ha pensato, e realizzato, una casa fatta quasi interamente di vetro ed immersa in una tenuta di 47 acri  nel Connecticut. 
Questa particolare dimora avanguardistica è in effetti un perfetto esempio di un progetto minimal. Il vetro si incontra con i pilastri di acciaio nero e mancano completamente le mura interne. 

A proposito di interni, la Glass House ha solo uno spazio che ha la sua privacy e si tratta, ovviamente, del bagno, contenuto nel cilindro, che potete vedere nella piantina; per il resto è stata concepita come un unico ambiente. Allo stesso modo anche i mobili mantengono questa concezione, l’interior design è davvero essenziale e minimal.





La Glass House è una terrazza sulla natura, si affaccia sul verde della sua grande tenut. La Glass House attira da sempre milioni di curiosi e amanti del design tanto che nel 2007 furono aperte le porte al pubblico e sono state realizzate delle visite guidate grazie al National Trust for Historic Preservation. 
Vi lasciamo con un video sulla celebre Glass House di Philip Johnson:

lunedì 16 ottobre 2017

Villa Malaparte a Capri - un capolavoro del '900





“V’era a Capri, nella parte più selvaggia, più solitaria, più drammatica, in quella parte tutta volta a mezzogiorno e ad oriente, dove l’Isola da umana diventa feroce, dove la natura si esprime con una forza incomparabile, e crudele, un promontorio di straordinaria purezza di linee, avventato in mare come un artiglio di roccia…” 

Con queste parole Curzio Malaparte descriveva l’ispirazione per quello che sarebbe diventato un prodigio dell’architettura di inizio '900: la Casa come me o anche conosciuta come Casa Malaparte, costruita nel 1942.

Nel 1936 Curzio Malaparte è ospite a Capri del medico e scrittore svedese Axel Munthe.
Dopo una passeggiata a Capo Massullo ebbe la visione e l’ispirazione di Casa Malaparte e si attivò per acquistare questo promontorio di roccia da un pescatore.  Mediante le sue conoscenze e simpatie per il partito Fascista di cui fu anche in parte fondatore si attivò presso le autorità locali per ottenere i permessi ci costruzione dell’abitazione e della strada per arrivarvi. 


Malaparte scelse, per il progetto, Adalberto Libera, l’architetto del palazzo dell’E.U.R a Roma, uno dei pionieri del razionalismo italiano, molto conosciuto per le sue idee futuriste; invece per la costruzione si affidò al maestro muratore caprese Adolfo Amitrano, “il migliore, il più onesto, il più intelligente, il più probo, fra quanti abbia mai conosciuti”. In realtà pare che il progetto originario di Libera fosse in linea con la tipica architettura caprese e che il risultato finale sia stato in gran parte frutto delle intuizioni visionarie dello stesso Malaparte.


A prima vista assomiglia più ad un immenso mattone caduto sulla roccia che ad un’abitazione. Ma poi, a ben guardare, la struttura è in assoluta sintonia con la natura che la circonda, e finisce col sembrare una naturale elevazione del promontorio.
I problemi da risolvere non erano pochi, e non erano facili. A cominciare dall’orientamento poiché c’era da scegliere fra due venti, il greco e lo scirocco, che vi battono spesso. E io preferii affrontarli col gomito, per così dire, orientando la casa con gli angoli volti a tagliare i quattro punti cardinali. In quanto alla sua forma, essa mi era dettata dall’andamento della roccia, dalla sua struttura, dalla sua pendenza, dal rapporto dei suoi sessanta metri di lunghezza con i suoi dodici metri di larghezza. La feci lunga, stretta dieci metri, lunga 54. E poiché, a un certo punto, dove la roccia si innesta al monte, la rupe si incurva, si abbandona, formando come una specie di collo esile, io qui gettai una scalinata, che dall’orlo superiore della terrazza scende a triangolo.
Nel 1938 Capo Massullo è suo. Una roccia inaccessibile, a picco su una baia verde e turchese. Tutto intorno solo il mare, la roccia e la natura selvaggia. Un luogo unico al mondo. I lavori durarono quattro anni, dal 1938 al 1942; all’esterno la casa si collega alla roccia con una grande scalinata strombata di uno stile vagamente Inca che sale fino al tetto-solarium pavimentato in cotto. Sul grande tetto piatto che copre interamente il secondo piano non ci sono più le volte ma c’è un piccolo muro bianco a forma di falce, una vela che protegge lo scrittore dallo sguardo dei curiosi.





Al secondo piano il vasto soggiorno ha il pavimento in basalto grigio come un’antica strada romana, e quattro grandi finestre alte come i muri si aprono sullo splendido paesaggio. Non ci sono infissi, ma ogni apertura ha una cornice di legno di noce. Un vetro montato sul fondo del focolare del camino lascia intravedere il mare attraverso le fiamme, e dall’esterno, se la casa è abitata, si vede il fuoco.


In fondo a tutto, a picco sul mare, lo studio dello scrittore. La decorazione di ogni piastrella del pavimento è una lira d’Orfeo disegnata da Alberto Savinio, e Malaparte amava dire “qui da me si cammina sulle lire”. Lo studio ha tre finestre con tre diverse vedute: da un lato i Faraglioni, dall’altro la Punta della Campanella e dal terzo l’infinito dell’orizzonte.

Fin da subito le reazioni a quella “strana” casa furono varie. La villa, che rappresenta una vigorosa anticipazione del razionalismo italiano, scatena subito la reazione degli architetti e degli storici dell’architettura. Qualcuno parla di “un prodotto rigido ed in collera con la natura”, qualcun altro “di un relitto rimasto sulla roccia dopo il riflusso delle onde”. C’è chi associa la casa a “una barca arcaica e senza tempo in equilibrio tra architettura mediterranea e giochi d’astrazione”.
E c’é chi ne parla, invece, come un oggetto in fusione perfetta col paesaggio.

Casa Malaparte seduce perché é la materializzazione della personalità di uno scrittore inquietante che ancora oggi fa parlare di se. Perché é il risultato di citazioni letterarie, di memorie politiche, di frammenti di vita. Perché è un architettura che è anche l’autobiografia di un personaggio, il luogo dei suoi ricordi, il manifesto della sua ideologia.
Il suo fascino è arricchito dalla lunga sequenza di ospiti che, nei decenni, vi hanno soggiornato, Albert Camus, Moravia, Picasso, Togliatti e altri.
Il regista Jean-Luc Godard la scelse per ambientare un episodio del suo film: Il Disprezzo.


Purtroppo dopo la morte di Malaparte, una serie di dispute legali tra i discendenti e gli eredi designati dall’autore ha ottenuto come unico risultato la chiusura al pubblico e l’incuria della villa; ma nella memoria collettiva resta ben salda l’immagine e il fascino esercitato da questo luogo di passione  e pensiero. Il festival di Cannes del Ha scelto proprio uno scorcio di questa casa per il suo manifesto nel 2016 e, di sicuro, la personalità di Malaparte si è fusa con punta Massullo, insinuata come una radice di un arbusto che spacca e trattiene al tempo  nella roccia. Infatti tutoggi i capresi, chiamano quest’angolo impervio e selvaggio  semplicemente: Malaparte.